Alla cessazione del rapporto – sia a termine sia a tempo indeterminato – all’agente spetta un’indennità che, attualmente, è disciplinata diversamente dalla legge e dagli Accordi Economici Collettivi. L’indennità di cessazione del rapporto in virtù dell’AEC è composta da tre emolumenti:
- Indennità di risoluzione del rapporto (FIRR), sempre riconosciuta e calcolata sulla base delle provvigioni maturate e liquidate fino al momento della cessazione;
- Indennità suppletiva di clientela, dovuta se il contratto si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’Agente, da calcolarsi sull’ammontare globale delle provvigioni per le quali è sorto il diritto al pagamento per tutta la durata del rapporto;
- Indennità meritocratica, riconosciuta ed erogata solo qualora l’attività dell’agente abbia comportato un aumento di fatturato con la clientela esistente e/o con clientela di nuova acquisizione e in ogni caso, solo qualora l’importo complessivo di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità di suppletiva di clientela sia inferiore al valore massimo previsto dal terzo comma dell’art. 1751 c.c. (“L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione”).
L’indennità di legge ai sensi dell’art. 1751 c.c. è unica e va corrisposta all’agente solo qualora si verificano congiuntamente le seguenti condizioni:
- L’agente abbia procurato nuovi affari o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente continui, anche dopo la cessazione del rapporto, a ricevere sostanziali vantaggi derivanti dagli affari conclusi con tali clienti;
- Il pagamento dell’indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
In seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia UE (C.Giust. CE/23 marzo 2006 C-465/04), l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che le indennità previste dagli AEC costituiscano un “trattamento minimo garantito” per l’agente, che va sempre corrisposto. L’agente che contesta la quantificazione dell’indennità nella misura prevista dagli AEC, può ricorrere al Giudice per richiedere l’indennità di legge (liquidata in misura superiore).