L’emergenza epidemiologica non è ancora finita e restano ancora in vigore le misure di sicurezza sul luogo di lavoro. Ma quali sono le responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da Covid?
Anzitutto, come noto, l’infezione da Coronavirus intervenuta “in occasione di lavoro” è stata classificata a tutti gli effetti di legge quale infortunio sul lavoro dal c.d. Decreto “Cura Italia”, stante l’equivalenza tra causa violenta, richiamata per tutti gli infortuni, e causa virulenta, costituita dall’azione del Coronavirus.
In caso di infezione da nuovo Coronavirus o di sospetto di contagio avvenuto in occasione di lavoro, come per gli altri casi di infortunio, il datore di lavoro deve pertanto procedere alla denuncia/comunicazione di infortunio ai sensi dell’art. 53 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) e s.m.
A tal riguardo, si rammenta che il datore di lavoro, in caso di infortunio con prognosi superiore a tre giorni, è obbligato a denunciare all’Inail l’infortunio del lavoratore ai fini dell’assicurazione obbligatoria, indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l’indennizzabilità.
Così ha affermato, da ultimo, la circolare Inail n. 24 del 9 settembre 2021 con cui l’Istituto ha fornito chiarimenti in materia di sanzione amministrativa per omessa o tardata denuncia di infortunio di cui all’articolo 53 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, soffermandosi in modo esplicito sull’obbligo di denuncia per contagio da Covid-19 sul lavoro, anche quando l’evento venga segnalato dall’Inps e/o dal lavoratore direttamente all’Inail, ribadendo l’obbligo di tempestiva denuncia dell’infortunio a carico del datore di lavoro.
Conseguentemente e in via generale, qualora un lavoratore venga contagiato dal Coronavirus “in occasione di lavoro”, l’Inail classificherà il contagio come infortunio sul lavoro, con tutte le responsabilità che ne conseguono per il datore di lavoro, poiché il dipendente potrebbe rivalersi sull’azienda per richiedere il risarcimento del danno subìto (c.d. danno differenziale), come in qualsiasi altro caso di infortunio: sul lavoratore incomberà la prova di aver contratto il contagio nello svolgimento dell’attività lavorativa, mentre il datore di lavoro dovrà provare di aver adottato tutte le tutele e le misure di sicurezza volte a scongiurare il contagio da Covid-19.
Sarà pertanto necessario verificare che il datore di lavoro abbia preliminarmente provveduto alla c.d. valutazione dei rischi insiti nell’ambiente di lavoro (eventualmente integrando o modificando il Documento di Valutazione dei Rischi, c.d. “DVR”), ai sensi del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008), ivi includendo la valutazione del rischio di contagio da Covid-19, quale rischio c.d. esogeno all’attività lavorativa.
Il datore di lavoro dovrà altresì fornire la prova di aver adottato lo specifico Protocollo Aziendale contenente le misure anti Covid-19 e pertanto le specifiche misure di sicurezza dei lavoratori, individuate tenendo conto delle peculiarità della propria attività lavorativa, in applicazione del Protocollo Nazionale anti contagio sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali.
Nel caso di accertata omissione di tutela da parte del datore di lavoro, questi potrebbe rispondere del c.d. danno differenziale derivante in capo al dipendente che abbia contratto il Covid-19 in ambito lavorativo.
Il datore di lavoro è responsabile del contagio da Covid-19 avvenuto in occasione di congressi, conferenze ed eventi di c.d. Team Building?
Premesso che il contagio da Covid-19 è equiparato a tutti gli effetti di legge ad un infortunio sul lavoro, sono certamente da ammettersi a tutela infortunistica tutti i casi di contagio da Covid-19 in cui sia accertata la correlazione con il lavoro.
Ma gli eventi societari quali conferenze, congressi, eventi di Team Building, organizzati all’interno ovvero al di fuori dell’orario lavorativo, sono da ricomprendere nella nozione di “occasione di lavoro” di cui al Testo Unico Infortuni n. 1124/65?
Anzitutto, è bene precisare che l’occasione di lavoro comprende tutte le condizioni, comprese quelle ambientali, in cui l’attività lavorativa si svolge e nella quale è immanente il rischio di danno per il lavoratore, sia nel caso in cui vi sia un rapporto causale diretto con l’attività lavorativa e dunque il danno provenga dall’apparato produttivo, sia che dipenda da fatti e situazioni proprie del lavoratore (con il solo limite del c.d. “rischio elettivo”, che ricorre quando l’evento lesivo è ricollegabile ad una particolare situazione nella quale il lavoratore è venuto a trovarsi per scelta volontaria, puramente arbitraria, che lo ha indotto ad affrontare un rischio diverso da quello inerente all’attività lavorativa), compresa qualsiasi situazione ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto.
In particolare, la giurisprudenza afferma che per “occasione di lavoro” si debbano intendere tutte le condizioni (socioeconomiche, ambientali, ecc.) in cui viene ad espletarsi l’attività lavorativa, attività nelle quali è implicito che il lavoratore possa subire un danno, senza che questo debba provenire necessariamente dall’apparato produttivo, purchè sussista un rapporto per l’appunto di occasionalità tra l’infortunio e il lavoro (cfr. tra le tante Corte di Cassazione, Sez. Lav. n. 9913/2016).
Pertanto sono tutelabili tutte le attività prodromiche e strumentali all’esecuzione della prestazione lavorativa, necessitate dalla stessa e alla stessa funzionalmente connesse.
Ne consegue che, nel caso di congressi, conferenze ed eventi formativi in senso stretto, organizzati dal datore di lavoro, sia all’interno dei locali aziendali sia all’esterno di essi, in orario lavorativo e anche fuori da esso, siamo di fronte ad attività da ritenersi “strumentali” e/o “funzionali” alla prestazione lavorativa e pertanto pienamente tutelabili in quanto rientranti nella nozione di “occasione di lavoro” di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965.