La Corte di Cassazione, nella definizione di “giustificatezza del licenziamento” del Dirigente, ha statuito la rilevanza di qualsiasi motivo volto a sorreggere tale licenziamento, purché basato su una motivazione coerente e fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto, atteso che non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso. È il principio di correttezza e buona fede a costituire, in materia, il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, sia laddove venga intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza di poteri attribuiti al dirigente, sia con riferimento a ragioni oggettive, concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale.
In altri termini, la nozione convenzionale di giustificatezza del licenziamento è molto più ampia di quella di giusta causa o di giustificato motivo, e si estende fino a ricomprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escluda l’arbitrarietà, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto e del divieto di licenziamento discriminatorio.
Pertanto, l’indagine sulla giustificatezza del licenziamento è limitata alla veridicità, non arbitrarietà ed effettività della ragione del licenziamento stesso.
Tuttavia, un licenziamento “giustificato” ai sensi di quanto sopra esposto, e dunque legittimo, comporta, in ogni caso la possibile erogazione di somme risarcitorie al Dirigente, come ad esempio il risarcimento per la violazione dell’obbligo di preavviso, commisurato all’anzianità di servizio del lavoratore.
Laddove, invece, non dovesse essere riconosciuta, in sede di contenzioso la sussistenza del requisito della giustificatezza del licenziamento, oltre all’indennità di mancato preavviso, sarà dovuto al dirigente anche il pagamento di un’indennità supplementare delle spettanze contrattuali di fine rapporto, omnicomprensiva e graduabile in base all’anzianità, che può variare da un minimo di 2 fino ad un massimo di 24 mensilità (art. 19, comma 15, CCNL Industria), da calcolarsi sulla c.d. “retribuzione globale di fatto” del Dirigente.